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Focus sull'apprendistato > Il contratto

Il contratto
Il Testo unico si articola in una disciplina generale e comune (riguarda istituti quali l’assunzione, la retribuzione, il recesso, le tutele previdenziali, il numero di apprendisti che il singolo datore può occupare, ecc…) e in una disciplina specifica per ognuna delle suddette tipologie, volta a regolamentarne gli aspetti peculiari (durata, formazione, competenze, ecc…). 
In passato la determinazione della disciplina contrattuale dell’apprendistato era affidata alle singole regioni. Ora, invece, il Testo unico demanda tale compito alla contrattazione collettiva (Ccnl ovvero accordi interconfederali), nel rispetto, tuttavia, di una serie di principi validi a livello nazionale e per tutti i settori produttivi.
   

Contratto e piano formativo individuale
Il Testo unico dispone innanzitutto in merito alla forma del contratto di apprendistato, che deve essere necessariamente redatto per iscritto a pena di nullità.  Ugualmente, devono risultare da atto scritto l’eventuale patto di prova e il  PFI - piano formativo individuale - che costituisce parte integrante del contratto stesso.
Il PFI è un documento che individua e tratteggia il percorso di crescita che l’apprendista seguirà, individuando, in modo particolare, sia i contenuti della formazione, sia le relative modalità di erogazione. Prima della riforma doveva essere redatto contestualmente al contratto, ora, invece, è previsto che sia allegato allo stesso entro 30 giorni, così da consentire alle parti di conoscersi e di costruire un percorso che tenga conto del livello di partenza del giovane, delle eventuali competenze e conoscenze che già possiede, delle sue attitudini e degli obiettivi finali, in altri termini un percorso che sia effettivamente individuale. 
 

Trattamento Economico dell'apprendista
Altri principi enunciati dal legislatore nazionale e che la contrattazione collettiva deve poi declinare compiutamente, riguardano la retribuzione dell’apprendista, che, proprio alla luce dell’impegno formativo assunto dal datore di lavoro, è solitamente più bassa rispetto a quella corrisposta al lavoratore già qualificato, con una graduale progressione.
Innanzitutto, si conferma lo storico divieto di applicare a tali lavoratori le tariffe di cottimo, ossia di retribuirli in funzione della quantità di prodotto effettivamente realizzato. Questo meccanismo è volto ad incentivare il soggetto a produrre con ritmi elevati e dunque certamente mal si concilia con la realtà di un lavoratore che è in fase di formazione.
Il trattamento economico dell’apprendista può e deve invece essere determinato in base a due sistemi tra loro espressamente alternativi: il sottoinquadramento o la percentualizzazione. È la contrattazione collettiva di riferimento ad effettuare la scelta.
Il primo consente al datore di lavoro di inquadrare il giovane in una categoria inferiore di uno o due livelli (massimo) rispetto alla categoria “finale”, ossia a quella spettante al lavoratore addetto a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto. Il secondo, invece, permette di riconoscere all’apprendista una retribuzione definita in percentuale rispetto a quella dei colleghi qualificati. In entrambi i casi il trattamento economico cresce con il passare del tempo e dunque parallelamente alla progressiva acquisizione da parte del giovane di competenze e abilità, seguendo una progressione che è individuata dal Ccnl di riferimento e precisata nel contratto individuale di riferimento.
 

Incentivi economici e normativi
Il datore di lavoro che assume con contratto di apprendistato gode di particolari benefici economici e normativi, volti, da un lato, a compensare l’impegno formativo assunto, dall’altro, ad incentivare l’utilizzo di questo contratto e dunque favorire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
I benefici economici si sostanziano sia nella possibilità, come già osservato, di riconoscere all’apprendista una retribuzione più bassa di quella che spetta al lavoratore già qualificato e dunque già formato, sia nel godimento di un regime contributivo agevolato, che può essere conservato fino ad un anno dopo la scadenza della fase formativa nel caso in cui l’apprendista sia stato confermato in servizio come lavoratore subordinato a tempo indeterminato.
Il principale incentivo legislativo consiste invece nell’esclusione degli apprendisti dal computo dei limiti numerici previsti dalla legge e dai contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative ed istituti.
 

Tutor
Il Testo unico precisa che è necessaria la presenza di un tutore o di un referente aziendale, ossia di una figura, espressamente individuata, che sia di riferimento per l’apprendista durante tutto il percorso di formazione, le cui caratteristiche sono individuate dalla contrattazione collettiva del settore.
 

Recesso del contratto
Rispetto al recesso il Testo Unico conferma la precedente disciplina e distingue tra l’ipotesi in cui le parti vogliano sciogliere il rapporto durante la fase formativa, dunque prima della naturale scadenza prevista dal contratto, ovvero al termine della stessa. Nel primo caso il legislatore dispone che le parti possano recedere solo in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo; al termine del periodo di formazione è invece consentito il recesso libero, senza necessità di una legittima causa giustificativa, purchè le parti rispettino il termine di preavviso individuato dal contratto. Se né il datore né l’apprendista manifestano nei modi e nei tempi previsti dal contratto la volontà di sciogliere il vincolo, il rapporto prosegue come un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
 

Limiti alla possibilità di assumere apprendisti
 Il Testo unico, senza innovare rispetto al passato, prevede che ogni datore di lavoro possa assumere un numero di apprendisti pari al 100% dei lavoratori qualificati o specializzati in servizio, in un rapporto che dunque è di 1 a 1 (un apprendista per ogni lavoratore qualificato). Se il datore di lavoro non ha alle proprie dipendenze lavoratori specializzati o qualificati, o ne ha in numero inferiore a 3, potrà assumere fino ad un massimo di 3 apprendisti.
Regole di maggior favore sono previste per le imprese artigiane.
Ulteriori limiti sono eventualmente individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento tramite le cosiddette clausole di stabilizzazione. I Ccnl possono infatti stabilire che il singolo datore di lavoro possa assumere apprendisti solo se in precedenza (solitamente nei 12 o nei 24 mesi precedenti) ha confermato in servizio almeno una determinata percentuale (solitamente dal 50 al 90%) degli apprendisti il cui contratto, per la sua componente formativa, è scaduto in tale periodo di riferimento.
 

Proroghe del contratto
Il Testo unico dell’apprendistato precisa espressamente che è possibile prolungare il periodo di apprendistato originariamente previsto dal contratto in tutti quei casi in cui determinati eventi abbiamo provocato una temporanea e significativa interruzione del rapporto. La funzione della proroga è quella di consentire di portare effettivamente a compimento il piano formativo e dunque quella di recuperare l’eventuale tempo “perso”. Spetta alla contrattazione collettiva di riferimento individuare gli eventi che possono legittimare la proroga e le relative modalità attuative, nel rispetto della cornice delineata dallo stesso Testo unico che fa espresso riferimento alle cause involontarie di interruzione del rapporto di lavoro (malattia, infortunio, maternità, ecc…) e che richiede che le stesse abbiano una durata di almeno 30 giorni.
 

Tutela previdenziale, contributiva e assicurativa
Il Testo unico elenca espressamente le tutele che sono riconosciute agli apprendisti al pari di tutti gli altri lavoratori subordinati, ossia:
  • assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;
  • assicurazione contro le malattie;
  • assicurazione contro l’invalidità e la vecchiaia;
  • maternità;
  • assegno per il nucleo famigliare.
Gli apprendisti sono esclusi dal godimento degli ammortizzatori sociali ordinari (trattamenti ordinari di integrazione salariale, indennità di disoccupazione e di mobilità), ma, al ricorrere dei relativi e necessari presupposti, possono accedere agli ammortizzatori sociali in deroga disciplinati dalla normativa anticrisi.
 

 
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