DDL sul Codice Semplificato del Lavoro: La proposta di Tiraboschi e Ichino
Fino al 1970 la leggi italiane in materia di lavoro, in aggiunta a una settantina di articoli dedicati alla stessa materia nel Codice civile, si contavano sulle punte della dita di due mani ed erano per la maggior parte leggibili da chiunque. Oggi occupano migliaia di pagine e, soprattutto quelle dell’ultimo quindicennio, sono per la maggior parte illeggibili anche per gli specialisti. L’idea del Codice semplificato del lavoro, fatta propria in una mozione approvata dal Senato quasi all’unanimità il 10 novembre 2010, poi ripresa dal Governo italiano nel documento Destinazione Italia pubblicato nel settembre 2013, infine nel documento Impegno Italia 2014 del 12 febbraio di quest’anno, nasce
innanzitutto dall’esigenza di tornare alla leggibilità delle norme e alla conoscibilità dell’ordinamento da parte di chiunque, anche da parte degli operatori stranieri. Esigenza, questa, particolarmente sottolineata nelle guidelines emanate dal Gruppo di alto livello incaricato di questo dall’UE, nel Decalogue for Smart Regulation (Stoccolma, 10 novembre 2009), in funzione della maggiore possibile mobilità delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali;
in secondo luogo dall’esigenza di sottolineare, e in qualche misura recuperare, l’appartenenza del diritto del lavoro al diritto civile e quindi il rilievo centrale che in esso assumono – sia pure con i correttivi richiesti dalla particolarità strutturale del mercato del lavoro – il principio di autonomia negoziale come prerogativa fondamentale della persona e le regole generali in materia di obbligazioni e contratti contenute nel titolo IV, con il quale il titolo V Del Lavoro è strettamente interconnesso;
infine dall’esigenza di recuperare, del nostro Codice civile, la sobrietà ed essenzialità della scrittura; che nella materia del lavoro significa ricondurre la legge statuale alla sua funzione originaria di fissazione di principi e regole essenziali, in armonia con gli ordinamenti sovranazionali, restituendo in una logica di sussidiarietà alla contrattazione collettiva – soprattutto, ma non soltanto, al livello aziendale – la sua funzione originaria di adattare i terms and conditions dei rapporti di lavoro secondo esigenze che mutano nel tempo e nei diversi contesti.
Quanto ai contenuti, questa nuova edizione del Codice semplificato, nella quale confluiscono diverse elaborazioni degli anni precedenti, discusse e affinate in centinaia di incontri in sede politica, sindacale e accademica, si propone di distillare in meno di sessanta articoli il contenuto essenziale della disciplina vigente dei rapporti di lavoro, con abrogazione di un enorme volume di norme stratificatesi in precedenza sulla stessa materia, aggiornandone le parti che l’evoluzione tecnologica ha reso più obsolete (controlli a distanza, telelavoro) e perfezionando la coniugazione tra flessibilità dell’organizzazione aziendale e sicurezza economica e professionale della persona che lavora secondo il principio europeo della flexicurity.